Bruxelles - Tante scomode verità ed il tentativo di rimediare. L'impotenza di fronte alla decisione Usa di lasciare l'Afghanistan; la frustrazione di non poter garantire la sicurezza e guadagnare così più tempo durante le evacuazioni all'aeroporto di Kabul; una marginalità ancora troppo marcata del blocco sullo scacchiere internazionale: tutte considerazioni con cui i ministri della Difesa Ue hanno dovuto fare i primi conti nell'incontro informale in Slovenia. Un'occasione consacrata non solo all'autocritica, ma anche alla volontà di un cambio di passo, di fare un salto di qualità nella capacità di difesa dell'Unione, verso una maggiore autonomia strategica dagli Stati Uniti, a partire dal progetto di una forza di reazione rapida. La base di partenza sono almeno 5mila unità ben addestrate, ma che potrebbero salire fino a 20mila, a seconda della piega che prenderanno le discussioni. L'unanimità sull'iniziativa, parte di un piano articolato per orientare la politica estera dell'Ue (la Bussola strategica), ancora non c'è. Pesa ad esempio l'esitazione di Paesi che, come i Baltici, si sentono legati a doppio filo con la Nato, e lo scetticismo di quelli dell'Est. "Ma poco importa - come ha sottolineato l'Alto rappresentante Josep Borrell - perché la proposta del progetto non sarà presentata fino al 16 novembre", e la Francia poi, alla presidenza di turno da gennaio, avrà il compito di realizzarla.

A sostenere con forza l'iniziativa al tavolo delle trattative è stata la tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha invitato a fare ricorso all'articolo 44 dei Trattati. Una norma mai usata prima che - previo voto all'unanimità - permette agli Stati che lo desiderano di mettersi insieme e di andare avanti a maggioranza, senza la necessità di ricercare quel consenso che sempre più spesso manda in stallo le decisioni di politica estera in Europa.

D'altra parte la crisi afghana rappresenta per l'Unione "un nuovo monito", come ha sottolineato Lorenzo Guerini. "E' necessario migliorare la nostra capacità di anticipazione strategica, valorizzare le peculiarità e gli strumenti propri dell'Unione, dotarci delle capacità necessarie per operare efficacemente ma soprattutto avere la volontà di impiegarle in modo efficace e coerente in relazione agli obiettivi". Biden del resto "è il terzo presidente che avverte sul disimpegno Usa", ha incalzato Borrell. "E' una sveglia affinché l'Ue si prenda le proprie responsabilità e mobiliti le risorse per affrontare le sfide che l'attendono". Perché quanto avvenuto con la crisi afghana dimostra "che i deficit della nostra autonomia strategica hanno un prezzo. E l'unica strada per il futuro è unire le forze, per irrobustire non solo la capacità" militare di agire, ma anche "la volontà politica" di farlo.

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"Le situazioni in Afghanistan, Libia, Medio Oriente e Sahel mostrano che è arrivato il momento. Quando se non ora? Più tardi sarebbe troppo tardi", ha messo in guardia il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell'Ue. L'obiettivo è "fare in modo che gli errori non si ripetano", ad esempio "in Sahel", dove una crisi "potrebbe avere conseguenze anche più gravi sull'Europa", ha rimarcato la presidenza di turno slovena per bocca del ministro Matej Tonin.

Ma i tentativi dell'Ue per creare una forza di reazione rapida sono paralizzati da almeno due decadi, nonostante la creazione nel 2007 di un sistema di gruppi tattici (battlegroups) di 1.500 soldati che non sono mai stati utilizzati a causa di controversie sui finanziamenti e la mancata unanimità ad impiegarli. E di fatto l'Unione ci aveva già provato anche dopo la guerra nei Balcani. Anche allora, come nel caso Afghanistan, i governi europei si erano messi l'elmetto della Nato, trainati dagli Usa. Anche allora incapaci di trovare la volontà politica di dare seguito all'iniziativa di una forza da 50-60mila unità.

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