Davos - Un 2023 che andrà "meglio di quanto si temesse" per la crescita mondiale europea, come spiega Kristalina Georgieva. Ma che per la numero uno del Fondo monetario internazionale meriterà comunque "prudenza", e che per Paesi come l'Italia presenterà il conto non solo dei rialzi dei tassi che possono proseguire, ma anche di margini ridotti sui conti pubblici. I policy maker riuniti al Forum economico mondiale concordano: se sarà recessione, sarà comunque un 'soft landing', un atterraggio morbido. Il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire dice che la recessione probabilmente sarà persino evitata. Un quadro che potrebbe anche creare margini di spesa per l'Italia se la crescita superasse lo 0,3% scritto in manovra. Ma da Davos arriva anche un altro segnale. La presidente della Bce Christine Lagarde, intervenuta a un panel economico con Georgieva, ribadisce quello che definisce il "mantra": "manterremo la rotta" di politica monetaria. Ossia ci saranno altri rialzi dei tassi, probabilmente da mezzo punto, che alzeranno il costo del debito, oltre alla vendita dei titoli acquistati con il Qe. Non solo: la Bce (ma anche la Fed) nel 2023 potrebbe dover fare i conti - con un atteggiamento ancora più 'falco' - con "maggiori pressioni inflazionistiche" dovute alla ripresa attesa in Cina dopo la 'vaccinazione' collettiva avvenuta col dilagare dei contagi, e alla conseguente maggior domanda di gas.

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E ancora: attenzione alle politiche di bilancio, dice la presidente della Bce. Da mesi Francoforte chiede di porre fine alla fase espansiva post-Covid proseguita nel 2022, trasformando gli aiuti a pioggia in selettivi e sempre più mirati alle fasce deboli. Ora va oltre: le decisioni dei governi "non spingano la politica monetaria a dover fare di più" per contenere la corsa dei prezzi. Un invito alla moderazione di bilancio affinché la spesa, stimolando i consumi, non alimenti inflazione proprio quando la Bce cerca di spegnerla. Altrimenti, è il messaggio neanche molto velato, la Bce dovrà alzare i tassi "più di quanto vorrebbe", dice Lagarde.

Il messaggio che arriva da Davos è: spesa corrente sotto controllo, spinta invece agli investimenti, spendendo i soldi del Recovery Fund europeo e di altre facilities europee. E il discorso vale anche per il Piano industriale green annunciato dalla von der Leyen nei giorni scorsi, e accolto con freddezza in Italia per il timore che l'allentamento dei vincoli sugli aiuti di Stato svantaggi l'Italia dato il suo minore spazio di manovra fiscale. Il documento di von der Leyen è molto attento alle esigenze dei tedeschi rinviando al lungo termine il Fondo sovrano europeo che dovrebbe appianare quelle differenze che avvantaggiano la Germania. E l'ago della bilancia, per un pacchetto che a marzo potrebbe prendere forma come proposta formale della Commissione, rischia di essere la Francia. Le Maire a Davos non si è sbilanciato: con l'Italia "ottimi rapporti" dopo gli screzi sui migranti, dalla Ue servirà una risposta "massiccia" in termini di investimenti, benissimo il piano von der Leyen. Dall'entourage del ministro filtra che, per ora, Parigi ritiene che i fondi per una risposta comune già ci siano. Resta da vedere che posizione assumerà l'Eliseo: se si schierasse con Berlino, l'Italia si troverebbe più solo nel sostegno alle sue imprese.

LE PREVISIONI ITALIANE - Nel frattempo, il bollettino economico della Banca d'Italia ritocca verso l'alto le precedenti stime (seppure con i soliti forti caveat dovuti alle incertezze del quadro globale), riconosce il rallentamento degli scorsi mesi e l'impatto del caro energia e dell'inflazione sui bilanci delle aziende e delle famiglie: nei numeri, il 2022 si è chiuso con una crescita dell'economia italiana quasi al 4%, al di sopra delle più prudenti stime di autunno, e il prossimo anno l'attesa frenata sarà meno forte del previsto con un Pil a +0,6%. E tuttavia l'inflazione resterà elevata e peserà molto sui consumi delle famiglie mentre i salari dovrebbero crescere solo con moderazione. Se poi si bloccheranno completamente le forniture del gas dalla Russia, ripete Via Nazionale, la stagnazione del 2023 si trasformerà in recessione con un calo del Pil dell'1%.

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Dopo il boom del 2022 (+4,6%) quando le famiglie erano tornate alle abitudini di spesa precedenti la pandemia, i consumi, sono le stime della Banca d'Italia, dovrebbero frenare a un +1,5% nel corso dell'anno. Un risultato, peraltro "principalmente a seguito dell'effetto di trascinamento determinato dalla forte espansione dell'anno precedente". Gli alti costi dell'energia si sono infatti riflessi pesantamente sull'indice dell'inflazione, colpendo soprattutto i beni alimentari che sono quelli più soggetti a volatilità. Le stime dell'istituto centrale che ha condotto uno studio in tal senso, considerando sia gli effetti diretti sia quelli indiretti rilevano come "nel quarto trimestre poco più del 70% dell'inflazione complessiva era riconducibile all'energia". E infatti per i mesi autunnali del 2022 il bollettino registra una fiammata dei prezzi, solo mitigata dalle misure del governo. Per Bankitalia comunque ci sono dei segnali positivi di fronte a noi. "Emergono i primi segnali di un allentamento delle pressioni inflazionistiche nelle attese di famiglie e imprese". Dopo il 9% del 2022 infatti, nel 2023 l'inflazione rallenterà ma sarà comunque al 6,5% per poi ridursi nel 2023 al 2,3% con una frenata più forte nel 2025, al 2%. E tocca proprio alle banche centrali il compito di risolvere il rompicapo di raffreddare l'inflazione senza colpire la crescita. La Bce, che ha intrapreso un percorso di rialzi dei tassi e di stretta monetaria, dopo i passi falsi nelle stime dei mesi scorsi, procede ora guardando i dati reali provenienti dai diversi paesi. Su questo punto ha insistito più volte il governatore Ignazio Visco, parole fatte proprie anche dal comparto bancario per voce del presidente Abi Patuelli. E tuttavia Francoforte è determinata a riportare l'inflazione al 2% e quindi la modalità 'aggressiva' dovrebbe rimanere per diversi mesi. In seno al consiglio sono diverse le voci di chi continua a spingere per rialzi dei tassi maggiori e un'accelerazione della stretta sugli asset. C'è poi il tema salariale. Più volte la Banca d'Italia ha messo in guardia dal rischio dell'innesco della spirale prezzi-salari che renderebbe difficile tenere sotto controllo l'inflazione, al netto del problema energia. Uno scenario che però per il momento in Italia non si sta avverando. La dinamica salariale, spiega lo stesso bollettino, resta contenuta e per il 2023 "accelererebbe moderatamente". In estate la crescita delle retribuzioni è stata dell'1,8% e sebbene in autunno siano stati siglati dei rinnovi con aumenti, vi sono ancora molti contratti nel privato in attesa di accordi.

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