Bruxelles - Nell'ultimo trimestre del 2017 l'occupazione nella zona euro è cresciuta di 0,3%, ma l'Italia invece è l'unico Paese dove segna una forte battuta d'arresto (-0,3%) dopo tre trimestri di crescita. L'unico altro dato negativo si registra in Lituania, ma in tono minore (-0,1%). Lo riporta Eurostat. Nella Ue-28 l'occupazione cresce di 0,2%. In Italia nel terzo trimestre 2017 era salita di 0,4%.

I Paesi che hanno registrato l'aumento dell'occupazione maggiore rispetto al trimestre precedente sono Malta (+1,8%), Estonia (+1,6%), Finlandia (+1,2%), Lussemburgo (+1,1%) e Lettonia (+0,9%). Spagna (+0,4%), Germania (+0,3%) e Francia (+0,2%) sono stanzialmente in linea con la media Ue. I cali maggiori si sono avuti invece in Italia e Polonia (-0,3%), Grecia e Lituania (-0,1%).

2017, ANNO DELLA RIPRESA DEL LAVORO PER L'ITALIANel 2017 la disoccupazione in Italia è comunque scesa all'11,2%, il valore più basso da quattro anni. E ancora meglio ha fatto il numero di chi un lavoro lo ha, sfondando la soglia dei 23 milioni e riagganciando i livelli di otto anni fa, pur se ancora sotto i picchi pre-crisi del 2008. Ma spesso le assunzioni sono a tempo: alla fine dello scorso anno solo in un caso su dieci il posto in più è risultato fisso. A certificarlo è l'Istat, che traccia anche una mappa del mercato del lavoro con divari territoriali "accentuati". Basti pensare che al Sud il tasso di disoccupazione è tre volte quello del Nord. C'è poi un nuovo fenomeno, a cercare lavoro non sono solo i giovani, per cui qualche spazio sembra aprirsi, ma anche gli over 50: quelli a caccia di un impiego sono oltre mezzo milione.

La fotografia dell'Istat guarda poi all'altra faccia della medaglia: le imprese. Il mercato sembra tirare, visto che aumentano le ore lavorate. Tuttavia le retribuzioni nell'ultimo scorcio del 2017 sono rimaste ferme. Eppure lo scorso anno il costo del lavoro è aumentato (+0,8%). E se la responsabilità non va addossata agli stipendi è chiaro che ricade sui contributi, o meglio sull'esaurimento degli sgravi.

Di certo le vecchie abitudini rimangono: per chi è alle prese con la ricerca di un impiego rivolgersi a parenti e amici è "la pratica più diffusa" (83% dei casi), seppure un po' in ribasso. Segue a distanza, nonostante l'exploit del digitale, l'indagine su internet. Pur se minoritarie salgono le richieste ai centri per l'impiego e le domande per concorsi. D'altra parte il lavoro alle dipendenze è ai massimi sia per i tempi indeterminati che per quelli a termine (2,7 milioni). Al contrario hanno toccato il fondo gli 'autonomi'.

I conti sulle forze lavoro non si fanno però solo su occupati e disoccupati, bisogna considerare anche gli inattivi, coloro che stanno fuori dal mercato, non avendo un posto e neppure cercandolo. Nel 2017 quest'area grigia (in cui rientrano pensionati, studenti, casalinghe ma anche persone sfiduciate) si è ridotta. E a scendere sono proprio gli scoraggiati (-181 mila alla fine dell'anno). Le possibilità di riuscita salgono per chi ha in mano una laurea. Insomma il titolo di studio paga. Di certo nel 2017 l'occupazione ha girato a favore sia dei giovanissimi, under25, che dei giovani fino ai 35 anni. Per queste fasce anche i tassi dei senza lavoro calano pur restando su alti livelli (rispettivamente al 34,7% e al 21,2%).

Non c'è invece tregua per il Sud. Anche se i miglioramenti del 2017 riguardano tutto il territorio, il confronto con il resto d'Italia restituisce l'immagine di un Paese diviso. La quota dei senza lavoro al Mezzogiorno (19,4%) è quasi tre volte quella del Nord (6,9%) e il doppio di quella del Centro (10%). E ancora, l'Italia centro settentrionale ha pareggiato i conti con la crisi, riportandosi vicina ai livelli del 2008 (già superati da Lombardia, Friuli, Bolzano e Trento ma anche Lazio e Toscana). Lo stesso non si può dire per il meridione. Un tasto dolente è poi rappresentato dalla condizione delle donne, quelle con un lavoro aumentano ma sono solo il 32,8% contro il 49,2% della media nazionale (un record, anche se indietro in Ue). Ecco che la leader della Cisl Annamaria Furlan parla di "segnali positivi" ma "non sufficienti". Non c'è solo la questione del precariato, il segretario generale della Uil mette l'accento sulla situazione di "enorme difficoltà" del Mezzogiorno che "va affrontata". Per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, "il Sud va accompagnato in una stagione di investimenti". Quindi secondo Boccia la strada è "giusta" e ora "dobbiamo accelerare".

DRAGHI, RECUPERATI POSTI DI LAVORO PERSI DURANTE LA CRISI - "Stimiamo che entro il 2020 la disoccupazione cali al 7,2%". Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, in un convegno a Francoforte. "Continua la ripresa nel mercato del lavoro e con un aumento di circa 7,5 milioni di posti dalla metà del 2013" nell'Eurozona "tutti i posti di lavoro persi durante la crisi sono stati recuperati e il tasso di disoccupazione è ai minimi da dicembre 2008", ha spiegato, sottolineando che "ci sono interrogativi sulla qualità di questi posti di lavoro" con "un aumento del part-time e di quelli a termine".

Draghi ha poi spiegato che "per chiudere il Qe occorre che ci sia una condizione chiara: dobbiamo vedere una correzione sostenibile nel percorso dell'inflazione verso il nostro obiettivo, ossia vicino al 2%". Per il presidente della Bce, anche se la crescita nell'Eurozona si è rivelata "più forte delle attese e la fiducia è aumentata, non possiamo ancora dire di aver completato il lavoro". La nostra politica monetaria dovrà dunque essere "calibrata" per centrare l'obiettivo, ha aggiunto.

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