Bruxelles - Quasi al fotofinish, dopo un'ultima notte di limature, è arrivato l'accordo che permetterà di sbloccare la sospirata 'fase due' nei negoziati sulla Brexit. E' servito un nuovo viaggio-lampo a Bruxelles della premier Theresa May, ma Londra e Commissione europea hanno firmato all'alba un testo che Bruxelles considera un "progresso sufficiente" per iniziare a discutere di relazioni future. Anche se adesso inizia il difficile, ammoniscono dalla capitale europea.

Se per negoziare un testo di 15 pagine sono serviti nove mesi, chiudere l'accordo complessivo entro ottobre 2018, come chiede il capo negoziatore Michel Barnier, è impresa non da poco. Intanto, c'è la soddisfazione per un'intesa di massima sulle tre questioni prioritarie: garantire i diritti dei cittadini europei nel Regno Unito e di quelli britannici nell'Ue, fissare un metodo per calcolare il 'conto' della Brexit, pur senza l'indicazione nero su bianco di una cifra, e evitare che tra Irlanda e Ulster torni una frontiera fisica.

"E' stato un negoziato difficile, ma ora abbiamo una prima svolta", gongola il presidente dell'esecutivo Ue Jean-Claude Juncker in conferenza stampa alle sette del mattino. "Non è stato facile per entrambe le parti - ammette May -, abbiamo lavorato duro". Rispetto alle posizioni di partenza, il testo è un compromesso che permette a entrambi di vantare risultati.

L'ACCORDO - Quindici pagine, 96 articoli, divisi per paragrafi e sottoparagrafi: è il documento negoziato tra Unione europea e Regno Unito dopo che Londra, lo scorso 29 marzo, ha dato il via alla procedura di divorzio prevista dall'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea.

Ecco i punti principali dell'accordo:

  • DIRITTI DEI CITTADINI - Tutelare gli europei che resteranno nel Regno Unito dopo la Brexit e i britannici che rimarranno in Europa è il punto su cui, fin dal principio, si sono concentrate maggiormente le preoccupazioni dei negoziatori. L'accordo finale sarà incardinato nel diritto britannico: quindi ad avere la giurisdizione in Gran Bretagna saranno i tribunali del Regno. Anche se la Corte di giustizia dell'Unione europea manterrà un ruolo: per 8 anni, le corti britanniche avranno la facoltà di chiedere un parere vincolante in caso di controversie. Garantita la possibilità a tutte le persone arrivate nell'Ue o nel Regno Unito prima della Brexit di continuare a lavorare o studiare, i membri della famiglia avranno il diritto alla riunificazione, saranno conservati i diritti alle prestazioni sociali.
  • IRLANDA DEL NORD - E' emersa nell'ultimo periodo come la questione più spinosa, anche per lo storico fardello di sangue che si porta appresso. Il Regno unito si è impegnato a evitare che sia eretta una frontiera fisica tra Ulster e Repubblica d'Irlanda. Punto indigesto per gli unionisti nordirlandesi del Dup, che tengono in piedi il governo May. Aperta la ricerca di "soluzioni creative", in assenza delle quali Belfast manterrà un allineamento con il mercato unico e con l'unione doganale. Per disinnescarne l'opposizione, è stata inserita una clausola per cui Londra non introdurrà "alcuna nuova barriera regolatoria" tra Nord Irlanda e Regno Unito. Resta da vedere se questo significherà una permanenza di tutta la Gran Bretagna nel mercato unico, come chiedono a gran voce gli scozzesi.
  • CONTO ECONOMICO - E' quello che Londra deve continuare a pagare a Bruxelles per tenere fede agli impegni assunti rispetto al bilancio pluriennale dell'Ue. Londra ha fatto circolare una cifra pari a 40-45 miliardi di euro, ma il testo non mette nero su bianco un numero. Anche perché il pagamento non avverrà in un'unica soluzione e le cifre potrebbero ballare in base a inflazione e altre variabili. Il testo si limita a enunciare una metodologia per individuare via via le somme da pagare. In particolare, per gli anni 2019-2020, quindi dopo l'uscita dall'Ue, Londra continuerà a contribuire al bilancio come se fosse ancora uno Stato membro. Dopodiché saranno calcolati volta per volta tutti i passivi dovuti dal Regno Unito.

May, insomma, dopo le ultime difficoltà può vantare "un successo personale", la elogia il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk. Ha placato gli irlandesi, ha incassato il plauso di 'hard brexiteer' come il ministro Boris Johnson. L'accordo è piaciuto ai mercati, con la sterlina ai massimi da sei mesi sull'euro e le borse in rialzo. Unico deluso, il massimo fautore della Brexit, Nigel Farage.

Ora gli orologi sono puntati sul 14-15 dicembre, quando il Consiglio europeo sancirà il passaggio alla 'fase due'. Con la benedizione dell'Eurocamera, che alla vigilia approverà una risoluzione di appoggio. L'accordo, esulta il presidente Antonio Tajani, "è una buona base per la stesura del futuro trattato".

La bozza con le linee guida per il proseguimento del negoziato è pronta, messa a punto dal team di Tusk. Almeno fino a febbraio-marzo, i colloqui serviranno soprattutto a definire il periodo transitorio chiesto da Londra per l'immediato post-Brexit. La May vuole due anni, anche se il testo non quantifica. Poi si passerà a discutere la "cornice" delle relazioni future. Ma il vero accordo commerciale, così come gli altri trattati che cadranno con l'uscita dall'Ue, potrà essere negoziato solo dal 29 marzo 2019, quando il Regno Unito per Bruxelles sarà diventato uno 'Stato terzo'.

LA TIMELINE - Ecco i passaggi temporali del negoziato sulla Brexit, un processo iniziato con il referendum proposto dal governo di David Cameron nel 2015.

2016

  • 23 giugno 2016: referendum sulla Brexit, vince il 'Leave'.

2017

  • 29 marzo 2017: scatta formalmente l'articolo 50.
  • 29 aprile 2017: vertice Ue straordinario che adotta le linee guida in cui si definisce la separazione tra la 'fase 1', per chiudere i rapporti del passato lungo le tre linee rosse di diritti dei cittadini, 'conto' del divorzio e questione irlandese, dalla 'fase 2', per definire le relazioni future.
  • 22 maggio 2017: il Consiglio Affari generali adotta il mandato necessario per l'avvio dei negoziati.
  • 19 giugno 2017: parte il primo round di negoziati guidati per l'Ue da Michel Barnier e per Londra da David Davis.
  • 17 luglio 2017: avvio del secondo round negoziale.
  • 29 agosto 2017: avvio del terzo round negoziale.
  • 11 settembre 2017: il Parlamento britannico presenta il 'Great Repeal Bill', che annulla l'atto del 1972 che incorpora la legislazione Ue in quella britannica.
  •  22 settembre 2017: discorso di Firenze della premier Theresa May con l'obiettivo di sbloccare i negoziati in stallo.
  • 25 settembre 2017: avvio del quarto round negoziale.
  • 9 ottobre 2017: avvio del quinto round negoziale.
  • 20 ottobre 2017: il vertice Ue a 27 boccia il passaggio alla fase 2 in quanto non sono stati fatti progressi sufficienti.
  • 9 novembre 2017: avvio del sesto round negoziale.
  • 4 dicembre 2017: incontro bilaterale tra May e Juncker, ma sfuma l'accordo per l'opposizione del Dup in Irlanda del Nord.
  • 8 dicembre 2017: May torna a Bruxelles, c'è l'accordo su diritti dei cittadini, conto del divorzio e questione irlandese.
  • 15 dicembre 2017: il vertice Ue dovrà dare l'ok ai 'progressi sufficienti' per passare alla 'fase 2' e adottare le linee guida per negoziare il periodo transitorio chiesto da Londra.

2018

  • inizio 2018: avvio dei negoziati per la fase transitoria
  • marzo 2018: il vertice Ue dovrà adottare le linee guida per negoziare le relazioni future.
  • primavera 2018: avvio dei negoziati sulle relazioni future.
  • entro ottobre 2018: accordo finale.

2019

  • entro 29 marzo 2019: procedure di ratifica da parte dei 27 e delle istituzioni Ue, e del Parlamento britannico.
  • mezzanotte 29 marzo 2019: scatta la Brexit, avvio del periodo transitorio e negoziati sull'accordo commerciale.
  • dal 2021 o più tardi: la Gran Bretagna è a tutti gli effetti un Paese Terzo.
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