Bruxelles - Dopo quasi sei mesi di negoziati è arrivata l'intesa tra le istituzioni Ue sulla fine del blocco degli acquisti online in Europa su base di discriminazioni dovute alla residenza. Entro Natale dell'anno prossimo sarà quindi possibile fare liberamente shopping sul web acquistando merci e servizi in uno qualsiasi degli stati membri, da uno smartphone superscontato in Polonia o un servizio cloud in Irlanda fino a un'offerta per un soggiorno a Eurodisney trovata sulla versione belga di un sito di viaggi, anche se lo si acquista dall'Italia con una carta di credito nostrana. Addio quindi al re-routing o a carte credito rifiutate perché di un altro Paese.

L'accordo Ue, però, lascia fuori tutti i prodotti audiovisivi e coperti da copyright e la rivoluzione resta a metà: niente musica, quindi, né film, serie tv, sport, ebooks, giochi e così via. Sotto la pressione delle lobby, soprattutto dell'audiovisivo, continuerà quindi a restare 'off limits' l'acquisto per esempio di un abbonamento a Netflix Francia dall'Italia o l'acquisto di canzoni su iTunes da un Paese diverso dal proprio. I venditori non avranno l'obbligo di vendita né di consegna a domicilio dei prodotti, come inizialmente previsto, né di armonizzare i prezzi.

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LE PRATICHE SCORRETTE - Il geoblocking è da sempre uno dei problemi principali per il commercio online: utilizzato nel 63% di vendite di contenuti digitali, è una pratica che la Commissione si è proposta di eliminare con la proposta sul copyright e quella sulla non discriminazione dei clienti. Un'indagine dell'antitrust europeo sulle restrizioni nel commercio online, arrivata a conclusione lo scorso maggio, ha confermato quanto già rilevato nell'anticipazione del settembre precedente: "Alcune pratiche restringono la concorrenza limitando indebitamente la distribuzione dei prodotti in Europa", ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager.  Su 72 siti di e-commerce analizzati, nel 63% dei casi venivano applicati blocchi geografici che impedivano all'utente di completare l'acquisto. L'indagine di Bruxelles ha spinto alcune aziende a modificare le proprie pratiche, in modo da metterle al riparo da possibili indagini formali della Ue. E' stato il caso delle catene di abbigliamento Mango, Oysho e Pull and Bear, e anche dell'italiana De Longhi, produttore di macchine per il caffè. Tra i principali rilievi dell'indagine ci sono le "restrizioni contrattuali", ovvero quelle pratiche che consentono ai produttori di controllare la distribuzione sotto varie forme: prezzi imposti, divieti di vendere su alcune piattaforme, limiti all'uso di strumenti di comparazione dei prezzi, esclusione di venditori esclusivamente online.

RIVOLUZIONE A META' - Una clausola di revisione nei prossimi anni lascia ancora qualche speranza per i prodotti coperti da copyright. "Non sono le società americane ma quelle europee che vogliono mantenere il mercato frammentato", ha denunciato a più riprese il vicepresidente della Commissione Ue responsabile del dossier, Andrus Ansip, facendo presente il pressing in particolare di Impala, l'associazione delle etichette musicali indipendenti. Musica, app, giochi ed ebook erano infatti inclusi nella prima bozza sostenuta da Ansip, anche se a partire dal 2020. Per il momento, dunque, resta il 2018 per servizi come i cloud e per le merci materiali e i servizi forniti localmente come auto in affitto, hotel o biglietti per parchi o eventi.

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