Roma - Qualche crepa si apre nel muro contro muro della crisi ucraina, ma Kiev resta drammaticamente in bilico tra guerra e pace. Mentre la diplomazia tenta freneticamente di aprirsi una strada alternativa al conflitto con la missione del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Kiev e poi a Mosca, dalla Russia arrivano timidi segnali di apertura. Ci sono "chance" di trovare un accordo con l'Occidente, ha detto in mattinata il ministro degli Esteri Serghei Lavrov incontrando Vladimir Putin e spiegando che i suoi diplomatici stanno preparando una risposta di 10 pagine alle proposte Usa sulla sicurezza. Ma da Oltreoceano continuano ad arrivare segnali d'allarme, con Washington che ha annunciato lo spostamento dei restanti funzionari della sua ambasciata da Kiev a Leopoli - una mossa definita da Zelensky un "grosso errore" - mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha parlato di "un'accelerazione drammatica" nel dispiegamento di forze russe al confine con l'Ucraina, che secondo fonti dell'amministrazione hanno iniziato a muoversi in "posizioni da attacco", con "ben oltre centomila" uomini schierati. Uno schieramento cui gli americani rispondono continuando a rafforzare gli alleati dell'area, con altri otto caccia F-15 atterrati alla base polacca di Lask. E si rafforza anche l'allerta sul d-day dell'attacco: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto sapere di essere stato informato sui dettagli del possibile piano di invasione, che dovrebbe avvenire mercoledì, come indica da giorni l'intelligence americana: una data-spauracchio che il leader di Kiev ha provato ad esorcizzare decretando una "giornata dell'unità", in cui la popolazione sarà invitata a "sventolare le bandiere ucraine e a indossare i colori nazionali".

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In questo scenario di caos, da Mosca sembrano giungere messaggi di apertura. Il ministro della Difesa Serghei Shoigu ha fatto sapere che "una parte delle esercitazioni" delle forze armate alle porte dell'Europa "si sta concludendo, un'altra sarà completata nel prossimo futuro". Di "esigui canali per il dialogo" ha parlato anche il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Alla carota dei luogotenenti si accompagna però il bastone del capo: l'espansione a est della Nato, ha accusato ancora una volta Vladimir Putin, "è infinita e molto pericolosa" e avviene "a spese delle ex Repubbliche sovietiche, inclusa l'Ucraina". La questione dell'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza atlantica attualmente "non è in agenda", ha cercato di raffreddare gli animi Scholz, e proprio per questo, ha detto, è strano che Mosca agisca come se lo fosse. Un ennesimo tentativo di sgombrare il tavolo da quello che l'Occidente considera il grande pretesto della crisi, ma su cui Kiev continua a non mollare. Tanto che a un paio di metri di distanza, nella sala in cui si svolgeva la conferenza stampa congiunta, Zelensky ha insistito sul fatto che l'ingresso nella Nato "garantirebbe la sicurezza" del suo Paese, rilanciando anche l'accusa contro il gasdotto Nord Stream 2 considerato "un'arma geopolitica" nelle mani di Mosca. Anche l'erede di Angela Merkel, del resto, resta affacciato al bivio. "In caso di aggressione militare, saremmo pronti a sanzioni su vasta scala. Se la Russia violerà nuovamente la sovranità ucraina, sapremo cosa fare", ha avvertito, tornando a minacciare "gravi conseguenze", ma invitando allo stesso tempo Mosca a "cogliere le offerte di dialogo", dopo aver già sollecitato "segnali immediati di de-escalation". Toni ambivalenti, come del resto è la situazione, mentre da Londra il premier Boris Johnson ha chiesto a Putin un passo indietro "dall'orlo del precipizio" ma in una telefonata con il presidente americano Joe Biden ha concordato sul fatto che resta una "finestra per la diplomazia". Nessuno insomma vuole farsi cogliere di sorpresa. E mentre l'Ue, dopo l'allarme della Polonia, prepara un piano d'aiuti per i Paesi di primo arrivo nella gestione dei possibili rifugiati, la diplomazia continua a vivere ore convulse. Una sessione ad hoc dei leader europei si terrà a margine del summit del 17 febbraio tra Ue e Unione Africana, e non si esclude neanche un summit straordinario di quelli del G7, che intanto ha assicurato di aver preparato un pacchetto di "sanzioni economiche e finanziarie con conseguenze enormi e immediate sull'economia russa".

BRUXELLES PREPARA PIANO AD HOC PER I RIFUGIATI UCRAINI - Un piano ad hoc per far fronte ad un eventuale arrivo in massa di ucraini in fuga dalla guerra: l'Unione Europea nelle ultime ore sta valutando un ulteriore aspetto di una possibile escalation della crisi, quello migratorio. La Polonia ha infatti già lanciato l'allarme e Bruxelles è pronta a venire incontro a Varsavia, mettendo in campo un atteggiamento ben più risoluto di quello assunto lo scorso dicembre nel corso della crisi bielorussa. "Stiamo lavorando perché ci sia un principio di solidarietà da parte dei Paesi membri. Nella crisi bielorussa si trattava di una guerra ibrida, in questo caso di persone in fuga per salvare la propria vita", ha spiegato un alto funzionario europeo. L'Ue, di fatto, non può permettere che tornino a circolare le immagini di richiedenti asilo bloccati al gelo al confine con la Polonia. Per questo è pronta anche ad inviare assistenza operativa in loco magari sfruttando la nuova Agenzia europea per l'Asilo, che ha iniziato il proprio mandato il 19 gennaio scorso e che punta, con più personale e più risorse finanziarie, a rafforzare il ruolo del precedente Ufficio europeo per il sostegno all'Asilo. Senza dimenticare che proprio a Varsavia ha sede Frontex, che in caso di necessità di risposta rapida coordina l'invio di squadre europee di guardie di frontiera. "Saremo pronti per qualsiasi cosa possa accadere", hanno assicurato da Palazzo Berlaymont. Il tema sarà sul tavolo del vertice straordinario dei leader europei che, secondo fonti Ue, si terrà giovedì mattina prima del Summit Ue-Unione Africana. E' la Polonia, tuttavia, il Paese che condivide gran parte della frontiera esterna europea con Kiev. E la comunità ucraina, con oltre 244mila residenti è già la più numerosa tra quelle straniere che vivono in Polonia. Ma il dossier migranti, per tutta la settimana, sarà sullo sfondo della crisi ucraina e riguarderà anche il fronte africano. Il premier Mario Draghi sarà a Parigi per una cena all'Eliseo con il presidente Emmanuel Macron per fare il punto sulla collaborazione italo-transalpina nella regione del Sahel, segnata da una crescente instabilità, non solo in Mali. Nel Summit tra i leader Ue e i 54 capi di Stato e di governo dell'Ua il dossier migranti sarà sul tavolo sotto diversi aspetti: dall'implementazione di accordi di rimpatrio all'utilizzo di Frontex nell'Africa sub-sahariana, attraverso accordi di cooperazione con singoli Stati. "La prima sfida nel dossier dei migranti dall'Africa sono i flussi tra gli Stati africani", hanno spiegato fonti qualificate dell'Ue. E anche sulla dimensione interna della migrazione la presidenza francese del semestre Ue vuole accelerare. Portando avanti separatamente i negoziati sulla redistribuzione e quello sui movimenti secondari e provando a creare un consenso sul principio 'take or pay' secondo cui i Paesi che non aderiscono alla relocation potrebbero dare un contributo finanziario.

LA TELA DELL'UE SUL GAS, DALLA NIGERIA AL QATAR - Guerra o non guerra in Ucraina, serve un piano d'emergenza per dare all'Europa alternative alla fornitura di gas dalla Russia. Bruxelles sta tessendo la sua tela da settimane, sondando il terreno in lungo e in largo per il mondo, dall'Africa al Qatar, fino all'altra sponda dell'Atlantico. Il tutto mentre il prezzo del gas vola sui mercati in fibrillazione e, sullo sfondo, i Ventisette faticano a trovare un accordo sulla magnitudo delle sanzioni da varare contro Mosca se la situazione dovesse esplodere. A una manciata di giorni dal vertice Ue-Unione africana, nel quale i leader europei si ritaglieranno uno spazio per la crisi ucraina, la vicepresidente Ue Margrethe Vestager e il vicepresidente nigeriano Yemi Osinbajo si sono visti ad Abuja per riconoscere "l'importanza delle relazioni energetiche" tra le due parti ed "esplorare tutte le opzioni per una maggiore fornitura di gas naturale liquefatto (gnl)" direttamente verso l'Europa. L'intento, implicito, è di diversificare il più possibile le fonti di approvvigionamento Ue e limitare l'incertezza legata alla possibile chiusura dei rubinetti russi se ci sarà un attacco a Kiev. I lavori sono già ben avviati e una riunione tecnica sarà convocata a breve. Questo mentre i contatti per assicurarsi un ampio ventaglio di forniture di gnl da altri punti del globo - come Stati Uniti, Algeria e Azerbaijan -, continuano senza sosta. Rimbalzando da Bruxelles agli stessi Paesi membri. Italia in testa. Dopo i contatti tra il Qatar e la presidente Ue, Ursula von der Leyen, nelle scorse settimane, oggi il premier Mario Draghi e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno ricevuto il vice primo ministro e ministro degli Esteri qatariota, lo sceicco Al-Thani. Uno scambio concentrato "sull'eccellente partenariato bilaterale nella prospettiva di un suo ulteriore rafforzamento" e "sulla collaborazione energetica" con Doha, ha spiegato Draghi. A certificarlo anche i numeri: "oltre il 10% gnl per l'Italia proviene da Doha", ha ricordato il titolare della Farnesina. Il piano di emergenza, per quanto strutturato, però da solo non basta a risolvere il problema delle forniture. Del resto, ha notato un alto funzionario europeo, non è un segreto che l'Ue abbia bisogno del gas dalla Russia. E l'Italia è nel gruppo di Paesi, insieme a Germania, Austria, Ungheria e Francia, che più volte hanno rimarcato gli eventuali effetti collaterali, in fatto di scambi commerciali ed energetici, delle sanzioni a Mosca. Basti pensare al controverso gasdotto Nord Stream 2, diventato un'arma geopolitica vera e propria. Di certo, ha osservato il funzionario europeo, più la risposta europea "sarà ferma più potrebbe essere dolorosa" per la Russia.

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