Bruxelles - La svolta è arrivata da Joe Biden: l'amministrazione Usa ha annunciato di essere favorevole a rimuovere le protezioni dei brevetti per i vaccini contro il Covid-19 ed è impegnata "attivamente" in questo senso nei negoziati in corso all'Organizzazione mondiale del commercio (Omc-Wto). Una mossa che potrebbe spianare la strada ad una accelerazione della produzione e della distribuzione delle dosi in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più poveri, ma che ha già fatto crollare in Borsa i titoli delle case farmaceutiche.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha scelto il suo intervento sullo Stato dell'Unione, a Firenze, per aprire alla proposta americana. "L'Ue è pronta a discutere di come la proposta degli Stati Uniti per una deroga alla protezione della proprietà intellettuale" dei brevetti "per i vaccini Covid possa aiutare a raggiungere l'obiettivo" di affrontare la crisi globale del Covid "in modo efficace e pragmatico", ha detto. I 27 leader ne discuteranno in questi giorni, al vertice informale, a Porto. Ma mentre le Big Pharma manifestano tutto il loro allarme, da Berlino - pur aprendo alla discussione - Angela Merkel lascia filtrare il suo scetticismo. "La protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale anche in futuro", ha fatto sapere. Una voce fuori dal coro quella della cancelliera tedesca, mentre l'alleato di sempre, il presidente francese Emmanuel Macron, si è detto "del tutto favorevole alla revoca". Più sfumata appare la posizione del premier Mario Draghi, che non si è esposto: "I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali", ha detto il premier prima della partenza per Porto. Ha plaudito invece il segretario dell'Onu, Antonio Guterres, "per il sostegno senza precedenti degli Usa". Di "grande soddisfazione" ha parlato la direttrice generale dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Ngozi Okonjo-Iweala. Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha fatto sapere che l'Eurocamera "è pronta a discutere" qualsiasi proposta che aiuti ad accelerare il processo di vaccinazione a livello globale. Persino il russo, Vladimir Putin, si è detto pronto ad avallare l'idea.

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Ma di fronte alla febbre da brevetto, Farmindustria si è detta "sorpresa e preoccupata". Si tratta di "iniziative - ha sottolineato - che, di certo, non risolvono il problema di avere subito più vaccini". L'ad di Pfizer, Albert Bourla, ha dichiarato di essere "per nulla" favorevole, mentre il laboratorio tedesco BioNTech, ha messo in guardia: "i brevetti non sono il fattore limitante della produzione e dell'approvvigionamento" degli immunizzanti. "Non aumenterebbero la produzione mondiale né l'approvvigionamento nel breve e medio termine".

Intanto è tonfo a Wall Street per la casa farmaceutica Usa Moderna, il cui titolo è arrivato a perdere oltre il 9%, mentre Pfizer ha segnato oltre -2% . Anche a Bruxelles c'è cautela. In alcuni Palazzi delle istituzioni si evidenzia: la questione che l'Ue si pone è quale sia il modo migliore per vaccinare la popolazione mondiale a breve termine. "Lo è la revoca dei brevetti sui vaccini, sapendo che per stabilire una linea di produzione occorre almeno un anno. E per la discussione al Wto ne serviranno almeno due, oppure è meglio puntare a rafforzare la capacità produttiva?", viene chiesto retoricamente. L'Ue non ha mai chiuso all'export dei vaccini, come invece hanno fatto Usa e Regno Unito. Bruxelles ha autorizzato il trasferimento di 200milioni di dosi, tante quante ne ha consegnate fino ad oggi ai propri cittadini. "Bisogna vedere in termini reali quanto può durare il negoziato, e la messa in produzione", insistono le fonti. Il timore è che la discussione distolga dall'obiettivo reale. I sieri servono ora. Il meccanismo Covax, per le donazioni ai Paesi a basso e medio reddito, ha ricevuto solo 53milioni di dosi contro i due miliardi previsti entro l'anno, destinati ad immunizzare il 20% di quelle popolazioni. Insomma, occorre donare più che liberalizzare i brevetti. Anche perché la mossa potrebbe scoraggiare la ricerca delle industrie europee e Usa, a beneficio di Russia e Cina.

I BREVETTI SONO MILLENARI, LE DEROGHE GIA' PREVISTE - I primi esempi risalgono all'antica Grecia, anche se il primo brevetto di cui si ha traccia in Italia è del 1474, scritto nella Repubblica di Venezia per tutelare una ricetta culinaria. Da allora i brevetti ci sono sempre stati, seguendo gli sviluppi della tecnologia, per garantire un riconoscimento agli inventori dei loro prodotti e quindi sollecitare il progresso. Le aziende così non vedono persi gli investimenti in ricerca. Ma negli ultimi anni, grazie agli accordi Trips (The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, per fissare lo standard per la tutela della proprietà intellettuale) sono state previste delle deroghe in campo sanitario, che permettono agli Stati di imporre una licenza obbligatoria, in casi particolari, anche se finora mai applicate. La prima norma italiana sul brevetto di medicamenti, il Decreto Regio n. 1127 del 1939, vietava la loro tutela brevettuale. È stata poi la Corte di Cassazione nel 1978 ad aprire la strada alla creazione del brevetto in campo farmaceutico, anche sulla scorta del primo Brevetto europeo istituito nel '73 ed entrato in vigore nel '79. Il Decreto regio fu quindi rielaborato, stabilendo per le invenzioni farmaceutiche, in conformità con la durata brevetto in altri campi, una tutela brevettuale di 20 anni. "Ma nel settore farmaceutico questo tempo spesso è insufficiente - spiega Claudio Germinario, consulente della Societá italiana brevetti, uno degli studi privati più importanti a livello nazionale, commentando le ipotesi di un loro superamento per quello che riguarda i vaccini anti Covid -. Una volta prodotto il farmaco, serve l'Autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) per poterlo vendere, che peró spesso arriva dopo 8, anche 15 anni, accorciando di fatto la protezione brevettuale". Ecco perché le leggi internazionali hanno deciso di "compensare questa perdita con il Certificato di protezione complementare, cioè un periodo di ulteriore protezione brevettuale di 5 anni". Se in questi 5 anni, l'azienda farmaceutica conduce una sperimentazione del farmaco in ambito pediatrico, approvata "dall'Agenzia europea del farmaco, allora riceve 6 mesi di protezione in più". Se gli Stati "fanno una scelta politica, il sistema brevettuale offre già gli strumenti legali per aprire l'utilizzo dei medicamenti brevettati a chiunque, senza scardinare il sistema", continua Germinario, che si riferisce all'Accordo TRIPs promosso dal Wto, che tra le deroghe alla protezione brevettuale in ambito sanitario prevede l'uso gratuito di invenzioni brevettate a puro scopo di sperimentazione, e la licenza obbligatoria, cioè la possibilità temporanea per uno Stato o un'Amministrazione di obbligare il titolare del monopolio a concederne l'uso non esclusivo allo Stato o ad altri soggetti, a determinate condizioni, come un'emergenza nazionale o altre circostanze di estrema urgenza, come una crisi di salute pubblica. Una possibilità questa, conclude, "che lascia la titolaritá del brevetto ma finora mai utilizzata dagli Stati".

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