Roma - "L'azione del governo si arresta qui". E' quasi a metà del suo intervento nell'aula di palazzo Madama che il premier Giuseppe Conte ha messo la parola fine ai 14 mesi di governo gialloverde, il 65/esimo dell'Italia repubblicana (ma che per durata si classifica al 23/o posto), aprendo ufficialmente la crisi.

Un intervento in cui il presidente del Consiglio ha difeso quanto fatto - "abbiamo lavorato fino all'ultimo giorno" -, ha ricordato ancora il lavoro da fare, ma soprattutto ne ha approfittato per lanciare un duro affondo contro Matteo Salvini. Il premier è stato una furia e non ha usato giri di parole nel bollare Salvini come "irresponsabile" per aver aperto una crisi solo per "interessi personali e di partito". Un crescendo di accuse arrivato dopo mesi passati a dosare e mediare ogni parola. Conte ha ripercorso i mesi del governo elencando tutti i problemi creati dal leader della Lega, ultimo appunto la decisione di aprire una crisi con il rischio che senza un nuovo esecutivo il Paese andrà in esercizio provvisorio e ci sarà l'aumento dell'Iva: "I comportamenti del ministro dell'Interno rivelano scarsa sensibilità istituzionale e una grave carenza di cultura costituzionale". Il capo del governo che in diverse occasioni si è rivolto a Salvini chiamandolo Matteo (Conte è seduto in mezzo ai due vicepremier) lo ha accusato di aver oscurato quanto fatto dall'esecutivo: "hai macchiato 14 mesi di attività mettendo in dubbio anche quanto fatto dai tuoi ministri". Ma ad un certo punto, il capo del governo è arrivato a definirsi "preoccupato" da chi "invoca piazze e pieni poteri". L'affondo non si è fermato solo alla decisione di mettere fine all'esperienza gialloverde ma ha toccato anche dossier delicati come il Russiagate. Il capo del governo non ha tenuto fuori nulla dal suo intervento, nemmeno il ricorso di Salvini all'uso di simboli religiosi. Si tratta per Conte di "uso incosciente di simboli religiosi".

"Rifarei tutto quello che ho fatto", ha risposto Salvini, spiegando che se l'esperienza di governo si è interrotta è a causa "dei signor No che da mesi in consiglio dei ministri ed in Parlamento bloccavano tutto. E poi due settimane fa la forza di maggioranza ha votato la sfiducia sulla Tav quindi di cosa stiamo parlando". Il leader della Lega chiede con insistenza il ritorno alle urne, fa ironicamente gli auguri ai pentastellati in caso di governo con il Pd. E per costruire questa alleanza c'è ora una settimana di tempo.

Con le dimissioni di Giuseppe Conte, è infatti partito il percorso per un accordo M5S-Pd. Tempi stretti sia per un nuovo governo sia per il ritorno al voto. Il Colle è in pressing sulle forze politiche con l'obiettivo di salvaguardare l'Italia da attacchi speculativi e cercare di evitare l'esercizio provvisorio. Sergio Mattarella questa volta non seguirà lo schema del 2018 permettendo esplorazioni e maturazioni di quadri politici a ritmi caraibici. Anche perchè oggi è già tutto chiaro. Entro oggi il Quirinale intende accertare senza sfumature se c'è una maggioranza che non vuole andare al voto.

"Abbiamo manifestato al presidente della Repubblica la disponibilità a verificare la formazione diversa maggioranza e l'avvio di una fase politica nuova e un governo nel segno della discontinuità politica e programmatica", ha detto il segretario del Pd Nicola Zingaretti al termine dell'incontro con Mattarella. "Non un governo a qualsiasi costo: serve un governo di svolta, alternativo alle destre, con un programma nuovo, solido, una ampia base parlamentare e ridia una speranza agli italiani. Se non dovessero esistere queste condizioni, tutte da verificare, lo sbocco naturale della crisi sono nuove elezioni anticipate alle quali il Pd è pronto". Il Pd ritiene "utile" provare a costituire un "governo di svolta" per il quale "abbiamo indicato i primi non negoziabili principi": primo tra tutti la riconferma della "vocazione europeista" dell'Italia. Tocca ora a Luigi Di Maio sciogliere la riserva. E lo dovrà fare sia all'interno dello studio "alla vetrata" che all'esterno spiegando la linea agli italiani. Ma il pressing non è solo sui tempi. Il Presidente non si schiera tra chi vuole un nuovo Governo e chi invece vuole le elezioni. Un atteggiamento notarile, ma molto determinato. Dato per scontato che in questa prima fase il suo compito - lo ha detto con chiarezza ai presidenti delle Camere e ai Gruppi che ha incontrato oggi - è quello di registrare la volontà del Parlamento, Mattarella ha spiegato che bisogna fare presto perchè l'Italia ha bisogno di un Governo in carica con una unità di vedute e di intenti. Un Governo deve formarsi quindi in tempi brevi. E non deve essere un governicchio o un esecutivo con la data di scadenza incorporata. Mattarella ha fatto presente che un nuovo governo non può e non deve essere un Governo contro le elezioni, ma un esecutivo saldo, con una maggioranza politica certificata e, soprattutto, con un programma di respiro per la legislatura. Ecco perchè questa volta il presidente non intende giocare la carta del mandato esplorativo ma punta ad una road map ben precisa. Già oggi scarterà uno dei due percorsi. Se il gruppo Cinque stelle dirà con chiarezza che è finita l'esperienza con la Lega e che intende provare la strada di un nuovo governo con il Pd, allora Mattarella convocherà un secondo giro di consultazioni prevedibilmente all'inizio della settimana prossima. Tempo per permettere a Pd e Cinque stelle di avvicinarsi e soprattutto di trovare un nome di un presidente che Mattarella incaricherà. Solo dopo aver ottenuto il nome del possibile futuro presidente del Consiglio il capo dello Stato potrebbe concedere altro tempo per limare i dettagli dell'accordo. Se certificherà invece una maggioranza propensa alle elezioni anticipate ne prenderà atto e, in pochissimi giorni, costruirà un governo di garanzia per gestire il percorso elettorale. Governo che sarà mandato alle Camere per prendere la sfiducia e rimanere in carica per gli affari correnti.

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