Bruxelles - Il falco tedesco Christian Lindner detta le regole per la nuova governance economica Ue. E, in virtù della sua natura 'amichevole' - come ama definirsi sulla ribalta europea -, propone un percorso di rientro del debito "più realistico". Aprendo allo stop al taglio di un ventesimo all'anno del debito eccedente il 60% del Pil. Un requisito che, concede il ministro delle Finanze tedesco, "è stato superato dalla realtà". E "travolgerebbe" i Paesi più indebitati, Italia in testa. A patto, però, che si tengano giù le mani dai parametri su debito e deficit scolpiti nei trattati di Maastricht.
Nel bel mezzo dell'estate che anticipa l'attesa proposta della Commissione europea sul nuovo Patto - che dovrebbe vedere la luce in tempo per il 2024, quando la clausola di salvaguardia attivata in tempo di pandemia e rinnovata quest'anno dovrebbe essere disattivata - l'apertura tedesca ha tutte le carte in regola per rappresentare, nei mesi a venire, il punto di caduta per quel compromesso così difficile da trovare tra Nord e Sud, frugali e non, falchi e colombe. Il margine di flessibilità individuato dal leader del partito liberale tedesco, e annunciato dalle colonne del quotidiano tedesco economico Handelsblatt, è proprio nel ritmo di riduzione del debito. Unica vera deviazione prevista dai dogmi. Ciò che serve, predica Lindner seguendo la via indicata a più riprese anche da Bruxelles e dal commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, è un percorso "affidabile e ambizioso" di rientro, guidato dal "realismo". Perché, spiega, con gli sconvolgimenti portati dal Covid prima e dalla guerra poi, "i rapporti di indebitamento sono così elevati" che il taglio matematico di un ventesimo all'anno "travolgerebbe oggettivamente" quei Paesi dell'Eurozona - ben sette, tra cui Italia, Grecia, Spagna e Francia - che navigano ben oltre la soglia di debito del 100%. Questo soprattutto ora che l'inflazione è alle stelle e l'economia di tutto il Vecchio continente, trainata giù proprio dalla locomotiva tedesca in stagnazione, rischia la recessione.
Nessuna illusione, però: "La Germania resta una sostenitrice della politica di stabilità", assicura Lindner. Che, dopo aver suggerito il pertugio da seguire per la riforma, torna a vestire i panni del rigorista. Cambiare i parametri di Maastricht del tetto del 60% del rapporto debito/Pil e del 3% di deficit annuo "sarebbe il messaggio sbagliato", dice categorico. I limiti di spesa dovrebbero anzi essere "vincolanti". Sulla base di questo principio, ai Paesi membri dovrebbe essere consentito di realizzare "un disavanzo strutturale annuo massimo dello 0,5% del Pil o, quantomeno, di avvicinarsi a questo obiettivo per gradi". E chi sgarra si vedrebbe bocciare il suo Documento di bilancio programmatico (Dpb) da parte della Commissione europea. Senza contare, è la stoccata finale, che mentre la Bce alza i tassi di interesse i governi non devono perdere di vista la sostenibilità del debito "per rafforzare la fiducia dei creditori".
La proposta tedesca, a ben guardare, si inserisce nel solco del cambio di rotta politico degli ormai ex frugali Paesi Bassi, ora firmatari, insieme a Madrid, di un 'non-paper' che chiede nuove regole di debito 'graduali, realistiche e specifiche per Paese'. Certo, la conversione nordica non è totale: sulla golden rule per scorporare gli investimenti verdi dal debito non sembra esserci margine d'azione. L'ingrato compito di cercare di mettere tutti d'accordo toccherà, dopo la pausa estiva, a Bruxelles. Nel frattempo, Lindner giura che anche i colleghi di governo (Spd e Verdi) sono "concordi" sui principi. Salvo sorprese.
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