Roma - Centinaia di di chilometri nel deserto pagando per il passaggio di qualche camionista. Comincia così, nel continente africano, il viaggio degli immigrati che arrivano sulle coste italiane. Settimane, mesi, denaro speso e attese estenuanti, prima di rischiare la vita tra le onde del Mediterraneo e sperare di arrivare nei centri di accoglienza di Augusta, Pozzallo o Lampedusa.

I primi contatti sono ad Asmara, con agenti delle organizzazioni criminali, sborsando fino a 600 dollari per attraversare il confine e raggiungere il sud della Libia, spesso di notte e a volte sul dorso di un cammello in aree non controllate dalle forze dell'ordine locali. Il confine dal Sudan viene superato nell'area di Kassala e la prima sosta è nei campi profughi a Sawa, a Wadi Sharifa fino  Khartoum, dove consegnano i numeri di telefono di personaggi dell'organizzazione criminale che dovranno aiutare ad entrare in Libia. 

Il trasferimento da Khartoum, in Sudan, fino al confine libico avviene con i fuoristrada, che a bordo hanno fino a 30 persone. Se si scappa da una guerra, a volte basta chiamare le autorità internazionali presenti nella capitale sudanese (soprattutto l'Alto Commissariato per Rifugiati dell'Onu) per ottenere lo status di rifugiato, per accedere ad alcuni sussidi ma soprattutto ad evitare di potere essere cacciato dal Paese. Se non ci sono i soldi per proseguire si lavora in nero, per ripartire fino ad aver accumulato un altro gruzzolo di denaro.

E poi si riparte. A volte le auto passano per l'Egitto e da lì entrano in Libia lungo il deserto e si viene raccolti in seguito da altri fuoristrada, questa volta gestiti da trafficanti libici, fino all'oasi di Kufrah. A questo punto non resta che comprare un passaggio verso Tripoli con qualche altro centinaio di dollari. Il viaggio in camioncini che trasportano frutta. Ma a volte il viaggio si ferma ad Ajdabiya. Qui bisogna scendere e sperare di arrivare in qualche modo a Tripoli. Ma prima di partire verso le coste del Vecchio Continente si aspettano fino ad un paio di settimane nascosti in un luogo nascosto e sicuro, per altri 200 dollari.

Infine i contatti con gli scafisti che li traghetteranno in Italia, aldilà del Mediterraneo. Le tariffe variano a seconda dell'esigenza, così come le imbarcazioni, da 1.550 dollari fino a diverse migliaia soprattutto per i Siriani, ritenuti più ricchi e che si spostano con intere famiglie e più bagagli. L'ultimo raduno sulla terra ferma avviene nelle fattorie isolate, vengono sequestrati i telefonini per evitare di essere intercettati. Poi in balia delle onde del Mediterraneo.

A dieci, venti miglia da Tripoli si passa sui gommoni e viene consegnato un cellulare per contattare la guardia costiera: servirà per lanciare l' 'sos', che darà il via al lavoro di recupero delle autorità italiane.

L'ultimo approdo sono i centri di accoglienza, ad Augusta, Pozzallo e quest'anno anche a Lampedusa. Il resto del percorso dipende dalla nazionalità. C'è chi viene accompagnato fuori dal territorio italiano, come i nigeriani, chi resta nei Centri, chi ottiene lo status di rifugiato per poter restare nel Paese, come gli eritrei, e chi spesso parte per altre destinazioni europee, come i siriani.

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