Bruxelles - "Se sei genitore in un Paese, sei genitore in tutti i Paesi". Almeno nell'Unione europea. L'adagio pronunciato nel settembre 2020 dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a due anni di distanza diventa una proposta di legge e apre al riconoscimento oltre i confini nazionali dei genitori dello stesso sesso e dei loro figli, a prescindere dal tipo di famiglia e dal tipo di concepimento. Una rivoluzione di equità nei diritti civili per Bruxelles che accende invece la polemica in Italia, dove i figli delle coppie dello stesso sesso sulla carta d'identità hanno diritto solamente a metà del presidio genitoriale, con il chiaro riferimento a un padre e a una madre.

Con un documento di 64 pagine da negoziare ora con i governi nazionali e il Parlamento europeo per ottenere una complicata intesa all'unanimità, l'esecutivo Ue punta dritto alla "certezza giuridica" per le famiglie arcobaleno. Che, ha evidenziato il commissario Ue per la Giustizia, Didier Reynders, devono poter essere riconosciute in tutti gli Stati membri. Non si tratta di cambiare le leggi nazionali o dettare ai governi come intervenire nei loro ordinamenti sulle adozioni Lgbtqi+ ma - ha precisato - di garantire pari diritti e pari opportunità a quelle famiglie omogenitoriali già riconosciute da precisi Paesi Ue - come i liberali nordici - e rinnegate invece da altri, Est Europa in testa. Un limbo "inaccettabile" che, ha tuonato il politico belga, mette a rischio "i diritti fondamentali" di "circa due milioni di bambini" che si vedono disconoscere il rapporto giuridico con uno dei due genitori quando una famiglia decide di mettere su casa in uno Stato membro con una legislazione differente. Davanti a tutto questo, le nuove norme Ue vogliono "aiutare tutte le famiglie e i bambini in situazioni transfrontaliere", ha gioito von der Leyen, dicendosi "orgogliosa" dell'iniziativa che prevede anche la creazione di un certificato europeo di genitorialità disponibile tramite modello unico in tutte le lingue ufficiali dell'Ue.

L'orientamento è tuttavia lontano dalla 'famiglia tradizionale' e, nonostante le rassicurazioni di Bruxelles, si apre già lo scontro con la maggioranza di governo. Per la quale le misure sarebbero un'ingerenza bella e buona e potrebber portare al dilagare del ricorso alle madri surrogate. "L'Europa - ha attaccato il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, di Forza Italia - non diventi paladina dell'utero in affitto e dello sfruttamento del corpo delle donne. Chi sostiene idee di questo genere segue strade sbagliate, sulle quali troverà una forte e convinta opposizione". Una via "pericolosa" anche per la onlus Pro Vita & Famiglia e per Fratelli d'Italia che ha denunciato, per bocca dell'eurodeputato Vincenzo Sofo, "la volontà" dell'Ue "di utilizzare il grimaldello della libertà di circolazione come arma per scavalcare i governi nazionali nella definizione delle politiche famigliari al fine di imporre l'agenda Lgbt". Di tutt'altro segno la reazione dell'opposizione, con la deputata del Pd Laura Boldrini e il coordinatore del tavolo Lgbtqi+ di Più Europa, Matteo Di Maio, che invece sollecitano già il governo Meloni ad "adeguarsi" e "allineare il diritto italiano a quello internazionale" se e quando il regolamento vedrà il via libera finale.

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Ma il duello per trovare un consenso tra i Ventisette si preannuncia tra i più difficili: tutti i Paesi contrari al matrimonio egualitario e alle adozioni per le coppie dello stesso sesso, guidati da Ungheria e Polonia, sono già pronti a dare battaglia. Se non sarà possibile ottenere l'unanimità, ha ammesso amaro Reynders, l'Ue cercherà di "rafforzare la cooperazione" tra gli Stati.

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