Bruxelles - Un parco giochi. Un ponte pedonale simbolo della città . Il centrale distretto di Shevchenkovsky. Sono i luoghi della normalità di Kiev tra gli obiettivi questa mattina dell'attacco russo che, con i primi raid aerei alle 8, ha spazzato via quella routine quotidiana che aveva fatto fino ad ora della capitale ucraina il 'simbolo morale' della resilienza e monito contro i limiti della guerra, avvolgendola in una nuvola di fumo e di rabbia, adesso difficile da dissolvere. Al posto di quella routine, nel giorno 229 del conflitto, c'è l'immagine di un cratere vicino ad alcune altalene. Il bilancio delle vittime è di sei morti.

Lo shock è piombato sulla città al suo risveglio, di lunedì mattina. Yevhen Petrov alle 9 si stava recando sul posto di lavoro: "Ho sentito due esplosioni molto forti, non lontano", ha detto alla Bbc, prima di arrivare nel centro della città dove ha visto alzarsi in cielo una colonna di fumo nero. E' a quel punto che ha realizzato: questa volta l'obiettivo erano i civili, senza dubbio, perché tutti i luoghi colpiti sono attraversati da strade che portano a uffici e centri commerciali. "Non hanno colpito infrastrutture militari, nemmeno infrastrutture civili - ha insistito - hanno colpito un parco giochi per bambini, alle 8 del mattino".

Oppure il ponte pedonale di Klitschko che si vede mentre viene colpito, attraverso telecamere a circuito chiuso che quando furono installate erano state pensate per la sicurezza urbana in un luogo anche turistico e non per riprendere la sequenza di un attacco bellico. Valerii e Olena Badakh sono marito e moglie, vivono in un appartamento che guarda sul parco Shevchenko, hanno visto colpire il parco e "in un attimo è comparso un buco nelle nostre vite. E' stato terribile", ha detto la donna alla Bbc. Perché in quel parco hanno "passato la vita intera" ha aggiunto Valerii, ci hanno visto giocare prima i figli e poi i nipoti. Lo hanno ripulito dalle cartacce, hanno tagliato l'erba. Adesso è macchiato dall'orrore della guerra con i segni lasciati da un missile di prima mattina. Inimmaginabile fino a qualche settimana fa. Perché dopo la paura dei primi giorni dell'invasione a fine febbraio - il 28 febbraio l'ultima volta che Kiev era stata colpita - gli allarmi bomba erano diventati sempre più sporadici e semplici indicazioni 'precauzionali', talvolta anche ignorati. Ma lunedì hanno risuonato per ore e a più riprese: i cunicoli della metropolitana - che già in primavera era tornata a funzionare - sono nuovamente rifugio per i cittadini.

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Contemporaneamente ai nuovi attacchi, in Europa si fa sempre più urgente il tema della protezione delle infrastrutture critiche dell'Unione Europea - ma anche più in generale dell'Alleanza Atlantica - si sta facendo sempre più largo a Bruxelles, non senza una certa apprensione. Perché i casi iniziano a sommarsi. Prima le misteriose esplosioni ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, già definite un sabotaggio, poi i danni ai cavi delle ferrovie tedesche, considerate senz'altro un atto deliberato e non un incidente. I ministri della Difesa alleati si soffermeranno molto su questo punto al Consiglio Atlantico di giovedì prossimo. Gli episodi di guerra ibrida sembrano in aumento e serve fare i conti con la realtà. "Dobbiamo proteggere le nostre infrastrutture, che per la prima volta sono diventate un obiettivo, e serve prepararsi al meglio", ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in un passaggio del suo discorso al Digital Summit di Tallin, citando espressamente i cavi sottomarini che trasmettono la fibra ottica. Ma non è facile. Gli obiettivi sensibili sono molteplici.

Gli elettrodotti, ad esempio. "Difendere tutto non è possibile ed è necessario compiere delle scelte", precisa un'alta fonte diplomatica dell'Alleanza Atlantica. "La Nato potrà avere un ruolo sì, ma limitato: in prima istanza è compito delle compagnie proprietarie delle infrastrutture stesse, poi dei singoli Paesi, attraverso le risorse civili, infine dei militari". Un numero su tutti. Nel solo Mare del Nord ci sono 8mila chilometri tra gasdotti e oleodotti da monitorare. Ecco perché alla Nato è in corso "una discussione" per capire cosa fare: se creare "una task force dedicata", come vorrebbero alcuni alleati, oppure lasciare le cose come stanno, semmai "ridistribuendo gli effettivi e aumentando la vigilanza", come propongono altri. C'è una consapevolezza chiara però. "Un attacco ibrido di particolare gravità potrebbe essere considerato sufficiente per innescare l'articolo 5 del trattato di Washington", precisa la fonte. Ovvero la clausola di sicurezza collettiva.

In questi casi la parte difficile è l'attribuzione (banalmente: la pistola fumante che sia stata Mosca). Ma in caso affermativo lo scenario che seguirebbe sarebbe ancor più drammatico, per ovvie ragioni. Naturalmente la pioggia di razzi russi sui centri città ucraini sta avendo un forte impatto sulle cancellerie. Giovedì ci sarà una riunione del dipartimento atomico della Nato. È stato definito di routine sull'agenda ma è anche vero che dovrebbe incontrarsi una volta all'anno e invece questa sarà la seconda. Le minacce nucleari di Putin vengono prese seriamente dall'Alleanza e il meeting servirà ad acquisire update di tipo "operativo". La sensazione è che la guerra sia scoppiata di nuovo. La missione di consulenza Ue a Kiev è stata ad esempio colpita dai bombardamenti ma, fa notare chi segue il dossier, si è trattato di "effetti collaterali" e non un colpo deliberato. Mosca ha dichiarato apertamente che se l'Ue procederà con la sua missione di addestramento alle forze ucraine sarà considerata "parte belligerante". E l'Unione Europea procederà. Ora restano da capire i dettagli.

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